5 agosto 2012

Macine e la riscoperta dei vecchi cinematografi romani


La chiusura e l’abbandono delle storiche monosala romane è un fenomeno che si sta facendo strada ormai da una quindicina d’anni, un segnale di abbrutimento culturale, ma soprattutto di crisi, che spazza via quel poco che è rimasto della grande cinematografia italiana del secolo scorso. Perché anche le sale, spesso, hanno dato spunto alle sceneggiature di importanti registi, punto di partenza di storie che ci hanno incantato e continuano a farlo ancora oggi. Sono lontani i tempi di Nuovo Cinema Paradiso, in cui il cinematografo era un luogo di riunione, un punto di riferimento per gli abitanti di un intero paese o quartiere.

Si guarda ormai al guadagno più che alla qualità e solo le multisala con il loro bagaglio commerciale (a volte improponibile per la scarsità di idee, che del resto contraddistingue l’attuale generazione) riescono a restare a galla in questo periodo di lotta per la “sopravvivenza” economica. In questo contesto, dal 2011, si inserisce Macine – festival del cinema chiuso. Nato in controtendenza rispetto ai maggiori festival cinematografici, soprattutto quello della capitale, Macine si occupa del tema della riqualificazione e gestione degli spazi culturali romani. Tra le numerose iniziative (con cui si autofinanzia) è anche composto da un gruppo di artisti che mediante l’elaborazione di manifesti e programmazioni simulate di spettacoli, cerca di ridare vita alle facciate dei cinema dismessi o abbandonati, tentando di sensibilizzare i cittadini sulla questione, come si può leggere sul loro blog:

“Il Manifesto è stato scelto come medium per il suo rimando storico alle classiche locandine degli spettacoli ma anche per il suo valore fortemente simbolico. La pubblica affissione è una dichiarazione, già fortemente utilizzata dalle avanguardie artistiche, della volontà di creare o rinnovare linguaggi e territori cittadini.

Gli artisti di Macine si uniscono alla “lotta” che ha visto la riapertura di alcune vecchie sale, negli ultimi anni, mediante azioni più o meno lecite da parte dei cittadini. Inoltre il loro blog mantiene, anche con l’ausilio di una mappatura, un costante aggiornamento delle condizioni degli altri locali (sedi di questo “festival” fittizio e simbolico): dalle trasformazioni in sale bingo o magazzini, all’occupazione e “liberazione”.

Vicende come quelle del Cinema Imperio, che ha visto l’attuazione, da parte degli abitanti di Tor Pignattara, di una raccolta di firme per riqualificarlo come polo culturale. O del Cinema Palazzo, costruito nel 1939 nel quartiere di San Lorenzo e ospite inizialmente degli spettacoli d’avanguardia di Macario e Totò, poi divenuto sala cinematografica ed infine chiuso e riaperto per molti anni come sede dell’Accademia del Biliardo. Ora, dopo un lungo periodo di ulteriore abbandono prima, e di occupazioni poi, ha ripreso ad essere una sede culturale multifunzionale, anche con l’aiuto e l’impegno di personalità come Sabina Guzzanti, Elio Germano ed altri attori italiani.

Segnali forti, da parte della collettività, che sente nuovamente il bisogno di un legame stretto con l’arte e la cultura e per cui il gruppo di Macine lavora affinchè questo legame non vada perduto.




Questo articolo è stato pubblicato il 4 agosto 2012 su Jumma Magazine



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