10 agosto 2012

Nicolini e la cultura come liberazione


Nei giorni scorsi abbiamo assistito alla triste scomparsa di Renato Nicolini, architetto, drammaturgo, e politico romano.  Molto apprezzato dalla gente proprio in quest’ultima veste, da assessore alla cultura della capitale nel periodo 1976-1985, quando creò ed istituì la famosa Estate Romana, una rassegna di eventi volta a valorizzare la cultura presente nella città di Roma, soprattutto all’indirizzo del pubblico meno abbiente.

Erano gli anni di piombo, fatti di violenze di piazza, di terrorismo, di stragi da quella di Piazza Fontana fino a quella di Piazza Bologna, contandone quasi una all’anno; passando per l’omicidio Pasolini e il sequestro Moro. Un periodo duro per la popolazione, in cui Nicolini riuscì, tramite l’istituzione di questa manifestazione nel 1977, a far superare la paura di scendere nuovamente per le strade, di continuare con la vita di sempre, oltre che di uscire dall’emarginazione della periferia.

Molte polemiche scaturirono a questo proposito e riguardo alla “massificazione” della cultura, ma l’intuizione di Nicolini negli anni si è rivelata esatta ed ancora oggi i romani e non solo possono assistere a questa grande ed importante iniziativa. Anche se in realtà è molto mutato, in questi 35 anni di Estate Romana il modo di fruizione da parte del pubblico; dal principio, per lo spirito in cui è nata e per il particolare periodo sociale e politico già accennato, risultava molto più visibile la partecipazione della gente, che "interagiva" con il tessuto artistico e culturale della sua città. Oggi forse, dopo tutto questo tempo, si è perso un po’ il significato di tutto ciò, la sensazione dell’"evento"; l’offerta è così ampia e variegata che la popolazione più che prenderne parte sembra "subirla", senza forse goderne appieno.

Nonostante questo, l’impegno di Nicolini (classe 1942) viene ricordato con affetto, e lui stesso rimane molto amato e stimato sia dai colleghi politici delle varie fazioni, che dalla gente comune per la quale era semplicemente “Renato”.
Un personaggio eclettico, Nicolini si è sempre occupato di molte e variegate battaglie, da quelle prettamente socio-culturali come le biblioteche comunali e la già citata Estate Romana, ai seminari sul nord Africa alla Casa delle donne, fino alla sua ultima lotta contro il progetto della discarica accanto a Villa Adriana. A tutto ciò va sommato il suo ruolo di professore universitario e di deputato del Pci e del Pds. Un rivoluzionario, un artista e un visionario. Insomma, un uomo difficile da descrivere in poche righe, che va però ricordato per tutto ciò che ha rappresentato per Roma e non solo.

In progetto, l’istituzione di un archivio a lui dedicato.




Pubblicato il 15 agosto 2012 su Jumma Magazine

5 agosto 2012

Macine e la riscoperta dei vecchi cinematografi romani


La chiusura e l’abbandono delle storiche monosala romane è un fenomeno che si sta facendo strada ormai da una quindicina d’anni, un segnale di abbrutimento culturale, ma soprattutto di crisi, che spazza via quel poco che è rimasto della grande cinematografia italiana del secolo scorso. Perché anche le sale, spesso, hanno dato spunto alle sceneggiature di importanti registi, punto di partenza di storie che ci hanno incantato e continuano a farlo ancora oggi. Sono lontani i tempi di Nuovo Cinema Paradiso, in cui il cinematografo era un luogo di riunione, un punto di riferimento per gli abitanti di un intero paese o quartiere.

Si guarda ormai al guadagno più che alla qualità e solo le multisala con il loro bagaglio commerciale (a volte improponibile per la scarsità di idee, che del resto contraddistingue l’attuale generazione) riescono a restare a galla in questo periodo di lotta per la “sopravvivenza” economica. In questo contesto, dal 2011, si inserisce Macine – festival del cinema chiuso. Nato in controtendenza rispetto ai maggiori festival cinematografici, soprattutto quello della capitale, Macine si occupa del tema della riqualificazione e gestione degli spazi culturali romani. Tra le numerose iniziative (con cui si autofinanzia) è anche composto da un gruppo di artisti che mediante l’elaborazione di manifesti e programmazioni simulate di spettacoli, cerca di ridare vita alle facciate dei cinema dismessi o abbandonati, tentando di sensibilizzare i cittadini sulla questione, come si può leggere sul loro blog:

“Il Manifesto è stato scelto come medium per il suo rimando storico alle classiche locandine degli spettacoli ma anche per il suo valore fortemente simbolico. La pubblica affissione è una dichiarazione, già fortemente utilizzata dalle avanguardie artistiche, della volontà di creare o rinnovare linguaggi e territori cittadini.

Gli artisti di Macine si uniscono alla “lotta” che ha visto la riapertura di alcune vecchie sale, negli ultimi anni, mediante azioni più o meno lecite da parte dei cittadini. Inoltre il loro blog mantiene, anche con l’ausilio di una mappatura, un costante aggiornamento delle condizioni degli altri locali (sedi di questo “festival” fittizio e simbolico): dalle trasformazioni in sale bingo o magazzini, all’occupazione e “liberazione”.

Vicende come quelle del Cinema Imperio, che ha visto l’attuazione, da parte degli abitanti di Tor Pignattara, di una raccolta di firme per riqualificarlo come polo culturale. O del Cinema Palazzo, costruito nel 1939 nel quartiere di San Lorenzo e ospite inizialmente degli spettacoli d’avanguardia di Macario e Totò, poi divenuto sala cinematografica ed infine chiuso e riaperto per molti anni come sede dell’Accademia del Biliardo. Ora, dopo un lungo periodo di ulteriore abbandono prima, e di occupazioni poi, ha ripreso ad essere una sede culturale multifunzionale, anche con l’aiuto e l’impegno di personalità come Sabina Guzzanti, Elio Germano ed altri attori italiani.

Segnali forti, da parte della collettività, che sente nuovamente il bisogno di un legame stretto con l’arte e la cultura e per cui il gruppo di Macine lavora affinchè questo legame non vada perduto.




Questo articolo è stato pubblicato il 4 agosto 2012 su Jumma Magazine